Ad osservare un’opera di Carla Mura ci coglie la vertigine dell’attraversare con lo sguardo una finestra su un mondo di cui si indovina soltanto qualche tratto. Un’emozione che è all’origine della mia curiosità sul suo lavoro e di questa breve intervista condotta – domande e risposte – attraverso un vivace scambio di mail. Ecco cosa mi ha raccontato di sé:

Io: Artisti si nasce, non si diventa. C’è stato un momento in cui hai avuto la certezza che l’arte fosse nel tuo DNA?
CM: Si, artisti si nasce. Sin da piccola sono stata una ribelle “dolce”: non ho potuto sviluppare attività scelte se non quella della musica perché mio padre aveva una scuola di musica; quindi dall’età di 6 anni sino ai 18 ho dedicato il tempo ad essa. Non so, pertanto, quali altre strade avrei potuto prendere o quale istinto voluto avrei avuto. Non posso saperlo. Certo è che appena sono stata libera di potermi esprimere ho scelto la pittura. Avevo 26 anni. Credo che i bambini debbano essere lasciati totalmente liberi di esprimere i loro desideri artistici o di preferenza verso attività di vario genere. Non possono avere consapevolezza totale di quello che fanno, parlo di quelli molto piccoli, ed i genitori per questo dovrebbero “accompagnarli” nei loro eventuali talenti. Da ragazza, comunque, ho desiderato dipingere: andavo ai vernissage a casa di artisti e pensavo di comprarmi prima o poi una loro opera o di realizzarla anch’io. Che bellezza!

Io: La cifra stilistica del tuo lavoro è, da tempo, il filo di cotone che utilizzi alla stregua dell’acrilico ma che ti consente una tridimensionalità del ‘tratto’ del tutto diversa da quella dell’utilizzo materico della pennellata ed effetti cangianti che aggiungono ‘movimento’ alle opere. Come, quando e soprattutto perché sei arrivata alla scelta di questo materiale?
CM: La scelta del filo è stata fortuita e casuale: durante una passeggiata a Roma in uno dei tanti mercati di antiquariato, vidi una rocca di 500 g color beige e mi ispirò. Iniziai ad abbinarlo ai miei acrilici fino a diventare materiale preferito e unico dei miei lavori. Nei miei quadri si possono distinguere varie tecniche, dall’astratto al geometrico e rigoroso. Ormai le uso tutte a seconda del momento psico-fisico. Dico psico – fisico perché per la realizzazione di un’opera è importate sia lo stato psichico che quello fisico, visto che non sempre il nostro corpo e la nostra testa sono uguali. Si, uso il filo come se dipingessi, le varie sfumature del colore le creo a seconda dei passaggi di filo che faccio, ed anche a seconda della quantità di filo che utilizzo o della tecnica che uso. Le tecniche sono varie: lineare, discontinua, geometrica, attorcigliata, prospettica…
Io: Dall’ispirazione alla creazione, come nascono e come prendono forma le tue opere?
CM: Nei primi anni di lavoro ho avuto solo ed esclusivamente istinto nel fare i miei quadri; adesso, nel tempo, con una acquisizione diversa, a volte do spazio alla pura astrazione, altre volte desidero proprio fermare il tempo su un particolare e quindi faccio e vedo una figurazione voluta. Certo, può non essere comprensibilissimo agli occhi di alcuni, ma credo che approfondendo il lavoro di ognuno di noi artisti si scoprano nuove modalità di espressione personale o caratteriale e quindi nel tempo si capisca il linguaggio di chi fa un’arte come la mia, non figurativa pura. Conoscendo e leggendo le storie di vita di Cy-Twombly piuttosto che Alighiero Boetti o Opalka o Boltansky ci si appropria del linguaggio artistico e ci si “affeziona” ad ogni diversa cifra stilistica dell’artista.

Io: Nelle geometrie ordinate delle tue opere leggo una sorta di cartografia della realtà mediata dalla visione dell’artista. Quanto c’è – nei tuoi lavori – del mondo tangibile e quanto dalla dimensione interiore?
CM: Nelle mie opere c’è una realtà interiore molto spiccata con visione realistica dei dettagli, dai landscape (paesaggi) o strutture meccaniche (ponti) piuttosto che macchine (pullman) o stati d’animo o momenti di “critica” o ribellione verso un mondo frenetico, che va troppo veloce e si contrappone ai veri sentimenti o emozioni importanti che hanno sempre bisogno di tempi maturi, costanti, per essere vissuti con profondità. Mi piace fermarmi. Non mi piace l’omologazione, cosa a cui tendono troppe persone oggi.

Io: Nel corso della tua ricerca artistica hai utilizzato diversi materiali sperimentando talvolta combinazioni innovative e impiegando tanto materiali tradizionali come la tela, il marmo, l’acrilico, quanto prodotti industriali più contemporanei come il plexiglass o naturali come la sabbia. Il materiale è solo un medium o talvolta assume per te anche un significato concettuale o simbolico in sé?
CM: I materiali alternativi al filo di cotone che io uso nei miei quadri hanno diverse forme di espressione; in questo momento sto utilizzando marmi e plexiglass come base dei miei lavori. I colori del plexiglass mi danno impatto vitale, cosa che la tela non fa, e mi serve per rafforzare l’idea di “importanza di vita“. Il marmo invece mi dà, oltre alla sua bellezza ferma e antica, una forza, una resistenza anche questa voluta per accentuare l’idea di status imponente e quindi anche una lunga vita. Sono due materiali stupendi, di grande fruibilità che mi gratificano molto. Negli ultimi lavori ho rafforzato il filo di cotone con il filo di lana, perché nel tempo si è ancora più intensi, sempre, così dev’essere, come credo io!

Io: Che ruolo ha il colore nelle tue opere?
CM: Il colore ci aiuta a vivere. I colori sono per noi fonte di motivazione vitale. I colori manifestano, a volte, i nostri stati d’animo, gioie o dolori; i colori sono belli. Sin dall’antichità, negli affreschi il colore è stato utilizzato come mezzo comunicativo; io tra l’altro da quattro anni vivo in Veneto, a Padova, dove c’è uno dei capolavori artistici più belli al mondo che è la Cappella degli Scrovegni di Giotto (che ho visto 3 volte, e ogni volta mi vengono i brividi): il colore blu e le stelle gialle sono una vista unica, meravigliosa. Se fossero in bianco e nero non sarebbe la stessa cosa. Mentre nella fotografia il bianco e nero da una eleganza diversa. Le mie opere in bianco e nero hanno comunque una autorevolezza molto interessante. Amo i colori, tutti.

Io: Siamo nell’era dell’immagine. Quanto conta oggi l’estetica nell’arte secondo te?
CM: L’estetica ormai è fondamentale. Io sono sempre stata una esteta dalla nascita, amo la perfezione, mi dà sicurezza e mi appaga. La perfezione non vuol dire costruzione di un’immagine forzata e quindi che diventa obsoleta o esagerata, ma la perfezione intesa come proporzione, armonia e giusto equilibrio. Ormai i quadri troppo ricchi di materia hanno dato spazio a essenziali visioni: il troppo inganna e abbruttisce tutto, non serve.

Io: Qual è – se c’è – l’opera o il corpo di opere o il progetto che hai realizzato a cui ti senti maggiormente legata o in cui ti riconosci di più?
CM: Le opere che mi rappresentano da anni sono la serie ”Metropoli”: sono opere che io amo profondamente, che hanno la visione metropolitana in sé, viaggi che ho fatto, viaggi sia fisici che mentali, riportati poi sui miei quadri, e anche dei viaggi immaginari. Questa serie è una delle più conosciute.

Io: A cosa stai lavorando al momento?
CM: La prossima esposizione sarà in una Libreria storica, del 1775, a Milano, la Libreria Bocca, dove hanno esposto tanti artisti conosciuti e bravi come Mimmo Paladino e la mostra “L’arte perfetta” sarà curata da Vera Agosti. Porterò 20 quadri di piccole e medie dimensioni, anche quadri appena realizzati, nuovi, con supporto del plexiglass e del marmo e ci saranno anche i miei must di sempre, sia la serie ”Metropoli” che i miei “modelli metereologici”. In primavera sarò a Roma con una mia personale.

Io: Quali i sogni nel cassetto e i progetti per il prossimo futuro?
CM: I sogni che ho sono di avere uno spazio in un magazine importante perché credo che non venga dato il giusto spazio ad artisti come me, per poter parlare della mia vita e della mia arte. Vorrei inoltre fare un lavoro site specific con architetti italiani o stranieri con cui ho già contatti e progetti. Vorrei fare una mostra in un museo importante, in Italia o all’estero (ovviamente ne prediligo alcuni). Come disse Achille Bonito Oliva quando venne nel mio studio: “Tu sei un’artista indefessa”, io lavoro sempre, da anni: l’arte non stanca mai di essere “inside”, dentro di noi.

Chi è Carla Mura
Carla Mura nasce a Cagliari nel 1973. Dopo un lungo periodo di sola pittura inizia a realizzare le sue opere utilizzando un nuovo materiale da lei molto amato, il filo.
Tutto questo meraviglioso mondo del filo è entrato a far parte della tecnica spontanea che Carla Mura ha per realizzare le sue opere differenziando i supporti che spaziano dal legno alle pietre marmo e travertino, al plexiglass, alla tela.
Innumerevoli le mostre e i progetti al suo attivo; tra le più recenti segnalo (2019) 1° BIENNALE FIBER ART SARDEGNA, Museo Murats, Museo Regionale Arte Tessile Sarda – Samugheo (OR); GRAND ART, MODERN E CONTEMPORARY FINE ART FAIR – THE MALL, Milano; MY ART ROOM ALLA GALLERIA VIK MILANO – a cura di Alessandro Riva – Galleria Vittorio Emanuele – Milano; EX VOTO , PER ARTE RICEVUTA A CURA DI ANGELO CRESPI – Mondadori Milano, Fondazione Maimeri, Museo Marino Marini – Firenze; BRUNO GROSSETTI COLLECTION – Galleria Grossetti – Milano; (2018) TRA LE RIGHE – CASCIO E MURA GUARDATI DA CALDERARA, DADAMAINO E NIGRO. a cura di Alessandro Riva – Galleria Grossetti Arte – Milano; ARTE IN ARCHITETTURA “TORRE DELL’ACQUA – Asti (Piemonte); UN’OPERA D’ARTE PER NATALE – Temporary Shop Ammare – Siracusa; SO POP A CURA DI MARCO PELLIGRA – Isorropiahomegallery – Milano; GALLERIA BIANCA MARIA RIZZI E MATTHIAS RITTER – Fiera d’Arte di Verona – Verona; POKER DI DONNE – Galleria Marzia Spatafora – Brescia.
Vive e lavora a Padova.
