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Il filo come trait d’union: dalla riflessione individuale alla partecipazione collettiva. Intervista a Giu.ngo-Lab

di Margaret Sgarra

Ecosostenibilità, tutela dell’ambiente e la speranza di un futuro migliore sono le tematiche di riferimento del collettivo pugliese Giu.ngo-Lab che attraverso la creazione di opere a carattere installativo polimateriche riflette sulla società odierna e sulle sue criticità al fine di sollecitare una coscienza collettiva capace di prendersi cura del mondo che verrà.

Il progetto Giun.go-Lab (identificabile anche con l’acronimo di gLAB) è nato nel 2012 e si configura come collettivo artistico di cui attualmente fanno parte: Giuseppina Longo, Fabio Bianco e occasionalmente Maria Paola Minerba.

MS: Il nome Giu.ngo-Lab deriva dalla parola “giungere” e vuole metaforicamente simboleggiare  la capacità e la volontà di raggiungimento del medesimo obiettivo da parte di persone differenti che lavorano alla stessa causa. In questa chiave di lettura, il vostro progetto si configura come gruppo artistico chiuso ma allo stesso tempo aperto a collaborazioni esterne. Potete raccontarci come è nata questa idea e qual è la vostra mission?

GL: Il progetto gLAB nasce da un’esigenza narrativa che si nutre di un substrato esperienziale di crescita e partecipazione sociale, teso a raccontare le esperienze di persone comuni che vivono in questo tempo e in questo mondo.

Le diverse peculiarità culturali che contraddistinguono il nostro collettivo, ci hanno dato modo di guardare in maniera più ampia quello che ci circonda, facendo nostro il concetto di aggregazione e socialità.

Let’s get up to the next floor, Castellana Grotte (BA)

MS: Il filo presente nel vostro lavoro ha una duplice valenza: materica e concettuale. Da un lato è fisicamente presente sotto forma di filo elettrico conduttore, dall’altro come elemento di congiunzione tra il sé e l’altro: una sorta di trait d’union tra diverse individualità. Questo aspetto è evidente anche nei workshop che avete realizzato dove sono stati coinvolti anche studenti dell’Accademia e giovani artisti emergenti. Cosa rappresenta per voi il filo?

GL: Il filo è diventato un materiale fondamentale della nostra ricerca, un’entità fisica e concettuale pulita che evoca, sintetizza, delimita e scivola su ogni superficie. Il filo conduttore si lega alle parole di Rocco Scotellaro sulla Questione Meridionale, nasce da quelle di Carlo Levi e si materializza come medium industriale decontestualizzato e senza tempo, con il quale connettere metaforicamente luoghi e concetti. Lavorare con il filo, per noi, è tessere un concetto senza mai interromperlo, tutto in unico segno che non si spezza, il filo diventa uno strumento che riconduce ad un’idea.

Mater

MS: I vostri lavori sono spesso site-specific: hanno una stretta connessione con il luogo in cui determinano e vengono realizzati studiando le caratteristiche dello spazio di riferimento. Quest’estate siete stati invitati a partecipare a Todi Open Doors e avete realizzato per Palazzo Spazzoni una Mater con filo elettrico. Parlateci di questa installazione.

GL: Todi Open Doors è stata metafora della porta intesa come apertura-incontro e come intima chiusura liminale tra spazio aperto e privato. In questa dimensione è nata la nostra opera che custodiva in sé i valori metaforici di questo ragionamento, immaginando una divinità che protegge le case, ma che nasce da una rossa luce disturbante. Il filo elettrico era il congiungimento ideale tra la città che ci ha dato i natali, ovvero Taranto, e la città nella quale abbiamo trovato ospitalità, Todi. Il filo, delineava la divinità dell’acqua che si estrofletteva da un pozzo, illuminata da luce rossa, metafora del pericolo.

Una Madonna/Madre che diventava messaggera paradigmatica di un’allerta ecologica e sociale.

L’esostenibilità ambientale deve passare da una ecosostenibilità intellettuale.

MS: Le vostre opere sono polimateriche e sempre differenti. Come scegliete i materiali con cui realizzarle e quali sono i prediletti?

GL: Il polimaterismo è un’identità fluida. Oggi, i materiali a nostra disposizione sono sempre di più e sempre più variegati. Ognuno di essi è adatto a evocare e raccontare una storia differente. In questi anni di lavoro insieme, abbiamo prediletto materiali che si collegano alla trasparenza e alla riflessione visiva ed intellettuale, tra cui in primis l’acqua. Il filo elettrico utilizzato negli ultimi lavori conduce il pensiero verso la spiritualità e cultura del rispetto, nei confronti del mondo che abitiamo temporaneamente e degli esseri viventi che lo popolano. Vetri, plexiglass, acetati, tele, carte, plastiche, disegno vettoriale e fotografia, installazione sono le strade che ci riguardano, nel senso che guardano a noi da una prospettiva rovesciata, per citare Florenskij.

Il mio doppio chiede aiuto, Associazione Casa Natale Antonio Gramsci, Ales

MS: Secondo voi, qual è il ruolo dell’arte e degli artisti nella società odierna?

GL: Domanda difficile…essere artisti è ed è sempre stato come essere viandanti cantastorie, stimolati da crossover e relazioni tra cose,  spazi e  persone.

Operaio di un’azienda che confeziona sogni necessari alla vita, l’artista è un operatore sociale libero che conosce i mezzi della rappresentazione visiva e possiede una sensibilità concettuale tale da poter raccontare in modo neutrale il proprio tempo.

Vivendo in un secolo dove l’immagine ha un’importanza notevole e in cui siamo iperconnessi ai social, la velocizzazione delle sequenze trova la sua conclusione naturale nella ricerca della “spettacolarità” di ogni cosa, determinando la morte di una suggestione immaginativa, capace di evocare e accendere domande e pensieri a lungo termine. Essere in grado di tirare e far tirare, di tanto in tanto, il freno a mano; questo per noi vuol dire essere artisti.

MS: Quali sono i vostri prossimi progetti?

GL: Tra pochi giorni parteciperemo al BAF di Bergamo con ArteMorbida, nell’ambito del progetto espositivo XS curato da Barbara Pavan con un’opera che ha come soggetto una frazione di filo conduttore su tela di piccolo formato. Sempre a gennaio, saremo impegnati in Sardegna, a Ghilarza, con la mostra Indifference, progetto itinerante che ha come tema l’indifferenza nella società contemporanea.

Chi è gLAB

Il progetto Giu.ngo-lab (gLAB) nasce ufficialmente il 20 Luglio del 2012 ed è letteralmente una sciarada nata dalla firma dell’artista Giuseppina Longo che segna il sodalizio artistico con Angelo Fabio Bianco, artista e dottore zootecnico delle specie acquatiche. La parola “giungo” sostanzia l’azione del “giungere” allo stesso obiettivo lavorando a più mani, oggi nell’acronimo di gLAB. Il duo diventa cuore e corpo di un progetto comune che punta alla creazione di uno spirito contemporaneo.


Uno studio artistico in cui l’ambiente biologico viene messo a confronto con l’impatto antropologico e sociale dell’uomo, al fine di provocare una reazione nella coscienza collettiva che tenga in considerazione i principi imprescindibili dell’ecosostenibilità intellettuale.


Giu.ngo-LAB ha esposto in diversi contenitori come Sala Dogana, Palazzo Ducale di Genova; Camec – Centro di Arte Contemporanea di La Spezia; Castel dell’Ovo di Napoli; QC Termemilano, Palazzo Officina Eventi ex Fondazione. Fizzacarraldo di Milano; Palazzo QC Termetorino, Contemporary Artcenter Palazzo dell’Artiglieria di Torino; Fondazione Sassi di Matera; e per le gallerie Innerspace, Fusion Art, Casa dell’Ambiente di Torino e Spazio52 di Altamura (BA). Il collettivo ha condotto diversi workshop sul territorio nazionale ultimo tra i quali “Abitare l’arte” a cura di M. Angelastri presso l’Accademia delle Belle Arti di Bari.

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