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Il filo conduttore

Ogni volta che mi imbatto in un manufatto d’artigianato tessile, un’opera di fiber art, un tappeto di design o altre creazioni di textile art rimango affascinata dalle infinite possibilità di un semplice filo.

Questo blog racconta le meraviglie che ho scoperto seguendo quel filo: le storie, le persone, le opere, i luoghi.

Luce, terra, memoria: l’installazione di Ilana Efrati

SCD Studio (via Bramante 22N) a Perugia inaugura sabato 25 marzo 2023, alle ore 17, l’installazione immersiva di Ilana EfratiLUCE, TERRA, MEMORIA – curata da Barbara Pavan e Susanna Cati.

L’installazione site specific è un collage eco-sostenibile composto di una collezione di tessuti di varie dimensioni e da sfridi e scarti del processo di produzione della moda. Seta, lana, cotone conservano qui i segni lasciati dalle piante, impronta del paesaggio di cui sono espressione e che la luce mutevole nel corso del giorno accarezza alle spalle, rivelando l’eterogeneità delle tessiture, la varietà delle fibre, i dettagli nascosti tra i fili, aprendo alla riflessione sulla diversità tra il tempo umano e quello naturale. Uniti da semplici spille da balia, ricordano che ogni forma è temporanea, nulla è permanente, tutto è in lenta trasformazione e ciò che vediamo in questo istante è il passaggio effimero in un processo sempre in fieri.

Ilana Efrati ci rende partecipi del suo dialogo fitto con quella natura mediterranea fondata su un linguaggio botanico e paesaggistico comune a tutta la regione, a una pluralità di culture che affacciano sul mare che ne è stato culla e via di comunicazione sottolineando come la suddivisione e separazione della Terra sia un fraintendimento artificiale e innaturale. La ricerca artistica di Efrati si muove infatti tra le molteplici dinamiche relazionali dell’uomo – con l’ambiente, con le altre forme viventi, con i suoi stessi simili – arrivando ad indagare temi come globalizzazione, migrazione, identità. Nei suoi lavori ci ricorda che la natura permette la nostra esistenza e che lungo tutta la sua storia l’uomo vi ha trovato nutrimento ma anche ispirazione per la propria creatività e risorse per il proprio ingegno e che il suo diritto ad abitarla è intimamente correlato a quello di tutte le altre specie.

Luce, Terra, Memoria sono qui ispirazione, strumento, materiale, forma, contenuto: l’opera stessa.

Da tempo Efrati ha scelto di lasciare la città per trasferirsi in una antica casa di campagna. Il suo studio è immerso tra il bosco, l’orto e gli alberi da frutta che coltiva senza pesticidi per restituire alla terra la fertilità perduta con lo sfruttamento dell’agricoltura intensiva. Camminare nella natura le ha rivelato infinite sfumature nel passaggio delle stagioni, colori che mutano ad ogni momento, influenzati dalle piogge, dall’umidita e dalla luce del sole; ma anche suoni di cui si è persa memoria – i passi sul terreno, il rumore delle foglie, il canto degli uccelli. È tutto questo ad entrare, in un fluire senza soluzione di continuità, nei suoi lavori in un linguaggio che parla, attraverso i pigmenti naturali, di rami, fiori, radici, cortecce rappresentando la specificità di un territorio e la realtà preziosa del singolo giorno, senza però mai prescindere dalla sua cifra universale.

L’artista

lana Efrati è artista multidisciplinare e stilista. Diplomata in Arte e Design Grafico a Tel Aviv. Nel 1983 ha fondato nella stessa città il brand Ilana Efrati che include moda, pelletteria, ceramica e fotografia con enfasi su tessuti di qualità e design di ispirazione locale. Negli anni ’90 per un decennio crea e cura il progetto Designers Avenue, uno spazio dedicato alla moda e al design israeliani in una catena di grandi magazzini in Israele. Nel 1995 è ideatrice della linea di moda femminile AA 100% cotone, abiti quotidiani ispirati allo stile dei laboratori israeliani degli anni ’50. Nel 2005 approda in Umbria, impegnandosi nel recupero, restauro e ricostruzione di un’antica tenuta agricola dove avvia la coltivazione biologica contestualmente ad un crescente interesse per la sperimentazione puramente artistica anche attraverso il medium tessile. Nel 2010 fonda la rivista online Masaot (viaggi nel guardaroba, masaot.com) dedicata agli aspetti culturali, storici e artistici della moda in viaggio per il mondo. Nel 2019 pubblica il libro Orto: Nature, Inspiration, Food scritto con Or Rosenboim, sulla base delle fotografie quotidiane nella natura di Ilana Efrati. Tra le mostre recenti segnalo (2022) Omaggio alla terra, Artists House Gallery, Tel Aviv; Paisley from a Prince to Prince, The Museum of Islam, Jerusalem; (2021) After the birds’ paradise, personale, Herzelyyia Museum of Contemporary art, a cura di Aya Lurie e Natalie Tiznenko; (2020) The smell of art, HaHava Gallery, Holon; Object of passage, Ashdod Museum; (2019) The Museum of Italian Jewry, Jerusalem; (2018) Circle, Beit Biniamini Gallery, Tel Aviv, a cura di Shlomit Bauman; In between, Periscope Gallery, Tel Aviv; A place for fashion, Israel Museum, Jerusalem. Nel 2022 ha fondato a Tel Aviv lo Studio Ilana Efrati, uno spazio artistico multi-disciplinare.

Open Call per Unclassifiable

ARTOUT è un’associazione attiva a Todi e impegnata dal 2019 nella promozione di progetti d’arte contemporanea sul territorio tuderte in linea con la fitta programmazione della città umbra che ha fatto della cifra culturale il suo fiore all’occhiello. ARTOUT è, tra l’altro, tra gli ideatori e organizzatori di TODI OPEN DOORS, manifestazione giunta alla V edizione e inserita tra gli eventi collaterali del Todi Festival.

Dalla primavera del 2023 l’Associazione inaugura anche uno spazio espositivo nel cuore del centro storico con un interessante calendario di eventi e mostre.

Tra queste UNCLASSIFIABLE una mostra collettiva internazionale prevista ad agosto per la quale l’Associazione ha aperto un bando per la selezione delle opere. Non-tema del progetto è proprio l’impossibilità di classificare o etichettare l’arte e dunque nella cifra ibrida e unica che è nella natura stessa dell’opera, nella sua creazione, nell’idea che ne è alla radice, nei gesti che ne hanno portato a compimento la genesi. Dunque massima libertà è lasciata ai singoli candidati nella scelta di forme e contenuti dei lavori presentati, coerentemente con la propria ricerca, poetica e pratica artistica.

Possono aderire alla call artisti e artiste maggiorenni, residenti nei paesi UE, singolarmente o in collettivo, inclusi allievi di Accademie d’Arte. Le opere candidate dovranno essere di dimensioni fisse cm.30×30 (inclusa eventuale cornice o supporto) oppure di cm.30x30x30 in caso di sculture o opere tridimensionali, potranno essere realizzate con qualunque tecnica e materiale (disegno, fotografia, pittura, scultura, installazione, tecniche miste, fiberart, ecc.). Deadline il 20 giugno 2023, informazioni scrivendo a info@artoutasd.it, regolamento scaricabile qui:

La mostra sarà allestita a ARTOUT Contemporary Art Ground, via Mercato Vecchio 2, a Todi dal 2 agosto al 3 settembre 2023

NON PERDERE I PROSSIMI BANDI: ISCRIVITI SUBITO!

A SUBPLACE i Tentativi di Clara Luiselli

SUBPLACE, lo spazio-vetrina nel mezzanino della Stazione del Passante Ferroviario di Villapizzone a Milano, dal 18 marzo al 15 aprile c’è TENTATIVI, l’installazione di Clara Luiselli.

Per Clara Luiselli l’esperienza estetica è un atto di conoscenza del reale, dell’altro e di se stessi. Lavora intorno agli accadimenti della vita quotidiana spesso apparentemente trascurabili, che si fanno metafore dell’impermanenza, della mutazione e della fragilità dell’esistenza. L’opera nasce e vive nella relazione con l’altro. Tentativi (2022) è un ricamo che richiama antiche memorie e disegna una mappa immaginaria. Segni come strade che portano all’incontro con Giuseppe Jos Olivini che li fa propri, riscrivendoli come partitura. ariAdnæ è una cartografia sonora in cui “le tracce dei cammini si aggrovigliano e si annodano, poi si sciolgono nella voce delle corde, dei fili”. I suoni sono un’onda che “sommerge i rumori, che riemerge tra rumori, che ne è erosa, che li elide” mescolandosi al vissuto quotidiano e accompagnando lo spettatore nel suo percorso.

Tentativi sono tessuti di lino quadrati, sospesi attraverso sottili filamenti. Alcuni chiusi, quasi accartocciati, altri cercano di sbocciare, di dispiegarsi. Sulla superficie sottili tracce che paiono evocare mappe di pianeti immaginari, isole sfaccettate, luoghi del desiderio. In origine erano tessuti tesi, bianchi, vuoti, luoghi di silenzio, spazi in attesa di un significativo atto creativo. Un’azione semplice, “stropicciare” il tessuto, permette alle tracce di emergere dal nulla. Il gesto di accartocciamento offre l’opportunità ai segni di sorgere e diventare visibili attraverso il gioco di luci e ombre. Il filo ricama la geografia immaginaria, in parte suggerita dalla materia stessa e in parte frutto della scelta artistica.

Clara Luiselli si laurea nel 2000 all’Accademia di Belle Arti di Bergamo. Sue opere sono state esposte in diversi spazi pubblici e privati tra i quali: Chelsea Art Museum di New York, MAK di Vienna, MUAR di Mosca, GAMeC di Bergamo, GAM di Genova, Museo delle Culture del Mondo di Genova, Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, Galleria Viafarini di Milano, Galleria Klerkx di Milano, Galleria Civica d’Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa, Galleria Traffic di Bergamo, Nellymya Arthouse Gallery di Aranno e Lugano, Galleria Koma di Mons (Belgio), BACO di Bergamo, Fondazione Bernareggi di Bergamo, Teatro Valle di Roma, Galleria Vanna Casati di Bergamo, Goethe-Universitat Institut di Francoforte. Ha partecipato alla Biennale di Venezia Padiglione Italia/Accademie, alla Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo di Roma e Sarajevo, Nel 2001 ha vinto il premio Targetti Art Light e il premio Open 2017 per Pergine Spettacolo Aperto.

ariAdnæ

Giuseppe Jos Olivini – 0ortanub0 è diplomato in pianoforte, polistrumentista, ha viaggiato i territori della musica antica arrivando a sino a quella contemporanea. Lavora fra e con i suoni, esplorandone i mondi attraverso strumenti di svariate epoche e provenienze geografiche. Interessato al ruolo della musica nel teatro e nella performance collabora con diverse compagnie e ensemble suonando dal vivo in spettacoli o curandone le sonorizzazioni. Collabora con la visual artist Clara Luiselli.

SUBPLACE, Mezzanino della Stazione Ferroviaria di Villapizzone, Via Arnaldo Fusinato, Milano, è uno spazio stra-ordinario che convive con il consueto e la contingenza, portando i linguaggi visivi dell’arte – che si collocano come alternativa alla logica della produzione/consumo – in questo luogo di transito, nel flusso del quotidiano, offrendosi come occasione per un’esperienza estetica diretta e personale, senza mediazioni né stratificazioni per un pubblico che si trova a “inciampare” nell’opera sul suo percorso abituale. Il nome rimanda alla collocazione sotterranea, nel mezzanino della Stazione di Villapizzone. La “vetrina” ospita progetti d’artista site specific proponendo installazioni, sculture, video e dipinti. SUBPLACE è nato dall’esperienza di Surplace spazio indipendente per la promozione delle pratiche artistiche contemporanee che ha sede a Varese.

Il progetto Subplace è un progetto autogestito e autofinanziato a cura di Joykix e Rossella Moratto > https://subplace.jimdosite.com/

P41. Monica Giovinazzi a Sermoneta

Apre il 18 marzo 2023 a Sermoneta, P41, il nuovo progetto di Monica Giovinazzi.

“L’antica Loggia dei mercanti di Sermoneta è il luogo. P41 è il tramite. In un concilio immaginifico, convergono a Sermoneta popoli remoti, viaggiatori senza tempo. Percorrono un’ideale retta geografica – il 41° parallelo nord – che accomuna Sermoneta a Paesi come la Macedonia, la Turchia, l’Armenia, il Turkmenistan, la Cina, il Giappone e altri ancora. La Loggia è territorio di dialogo cittadino, d’incontro e di scambio. Qui s’impigliano i tessuti, le sete, le luci e i racconti. Nella Loggia restano le tangibili e intangibili tracce dei passaggi di uomini e donne affascinate da un territorio dalla storia solo apparentemente immobile. Ecco che la Loggia e le sue grandi travi in legno si trasfigurano e surgono a ideale palcoscenico. Accolgono una vera e propria messa in scena, con attori giunti da tutto il mondo – veri e propri spiriti dell’aria – che recitano gli immortali versi di grandi narratori come Montesquieu, Goethe, Foscolo, Gregorovius.

Per P41 Monica Giovinazzi ha scelto antichi tessuti e oggetti, rosso intenso, ciascuno con proprio vissuto e una storia da raccontare. Il ri-utilizzo ha privato l’oggetto della primaria funzione, lo ha attualizzato, reso contemporaneo e partecipe di una nuova rappresentazione. La storia così si azzera. Le stoffe, i tessuti, le sete di inizio Novecento dialogano con la Loggia medievale e danno vita, grazie all’opus artistica, a quella che appare essere un’Epifania laica. Epifania in quanto scoperta rivelatrice di una nuova conoscenza e una nova spiritualità – laica, quindi libera dalle costrizioni della fede, dalle imposizioni morali – aperta verso una dimensione sacra della vita, che implica una profonda coscienza di sé e una nuova attenzione al mondo.” (testo di Vincenzo Scozzarella)

Il Serpendrillo di Mariantonietta Bagliato in mostra in Slovenia

La seconda stagione di Handmade riflette sull’odierna inclinazione dell’osservatore nel trascendere la tradizionale lettura della cultura umana di interpretare la manualità solo come pratica femminile perché così storicamente intesa. Lo fa, puntando direttamente alla creazione artistica di dialoghi e tecniche più complessi ed articolati, capaci di generare strutture di pensiero ed azioni estetiche nuove.


La mostra Handmade 2.0, presentata nella Ptuj City Gallery, curata da Marika Vicari e Jernej Forbici in collaborazione con Dušan Fišer si articola in cinque stanze in un percorso segnato da un ideale filo rosso tra originali artisti internazionali: Anna Galtarossa, Lene Kilde, Marcela Cernadas, Rósa Sigrún Jónsdóttir, Mojca Smerdu, Andrea Salvatori, Valeria Vaccaro, Maruša Štibelj, Alice Zanin, Nicolò Quirico, Blažka Križan, Ōki Izumi, Vanni Cuoghi, Silvia Levenson e Mariantonietta Bagliato.

Tra le opere dunque anche il Serpendrillo di Mariantonietta Bagliato, recentemente esposto a FIBERSTORMING a Bergamo*

L’opera d’arte con Handmade 2.0 va oltre alle mani, alle menti pensanti e ai nostri corpi vibranti, sfida i tempi in un caleidoscopio di forme, colori, linee, superfici che abbiamo visto e vissuto e tutte quelle che vorremmo poter ancora raccontare e svelare attraverso nuovi desideri ed emozioni. In occasione della mostra sarà presentato un catalogo trilingue con testi e contributi di Marika Vicari, Jernej Forbici e Dušan Fišer.

La mostra sarà visitabile dal 18 marzo 2023 al 30 aprile 2023 con il seguente orario: martedì-domenica ore 10-17. Il progetto finanziato dalla Comune di Ptuj, è realizzato dalla Ptuj City Gallery in collaborazione con Art Stays.

* Il Serpendrillo di Mariantonietta Bagliato è un animale fantastico, una creatura mitologica nuova nata da un anomalo processo di metamorfosi che ha combinato le caratteristiche di un serpente e di un coccodrillo.

Ipotesi di un ibrido che abita un’immaginaria era post-umana, l’opera coniuga le caratteristiche estetiche dei due animali e la pluralità di significati simbolici che nel corso della sua storia l’uomo ha loro attribuito, a conferma dell’ambiguità di ogni definizione assoluta ed unica di elementi, fenomeni ed eventi e dell’impossibilità di determinare con certezza il confine tra gli opposti.

Come il serpente, spirito ancestrale, demone tentatore del racconto biblico, guida nella terra dei morti, considerato sacro in molte culture sin da Asclepio, dio della salute greco, che attorcigliandolo intorno al suo bastone ne ha fatto il simbolo per eccellenza della medicina, custode di misteriosi segreti in molti racconti, raffigurazione dell’energia cosmica femminile nell’antica filosofia tantrica dell’India, è dotato nelle diverse tradizioni di potere di vita e di morte mentre la muta lo ha reso agli occhi degli uomini mediatore nei processi di trasformazione, di rinascita, di immortalità.

La stessa polisemia contraddistingue il coccodrillo, dinosauro vivente, creatura che ha attraversato le ere geologiche, ultimo discendente di quelle che dominavano il mondo, così primordiale da poterlo individuare come probabile ispiratore del leviatano del libro di Giobbe (“Nella sua doppia corazza chi può penetrare?” Giobbe 41, 5-6), sicuramente onorato nell’antico Egitto soprattutto lungo le pericolose rive dei fiumi, simbolo di forza talvolta distruttiva, talaltra salvifica associata al Faraone.

Così questa scultura soffice che sembra uscita da una favola, incarna la dualità dell’universo, la tensione creativa tra forze opposte, l’incerta definizione di inferno e paradiso.

(testo di Barbara Pavan, tratto dallo SPECIALE di FIBERSTORMING edito da ArteMorbida > acquistabile qui | copyright dell’autore e dell’editore)

Sonia Piscicelli, IZN

Attraversare – seppur idealmente – la linea di accesso alla pratica artistica di Sonia Piscicelli, in arte IZN, mi costringe ad abbandonare uno schema di pensiero che mi appartiene: il primo requisito per leggere il suo lavoro e comprendere la sua ricerca è infatti, secondo me, quello di sospendere ogni giudizio e pregiudizio per aprirsi all’ascolto più che all’osservazione. Una volta ammessi in questa sorta di universo parallelo cucito – è il caso di dirlo – a misura e dimensione dell’artista, inizia un’esplorazione che strato dopo strato rivela il peso specifico di ogni punto di ricamo. Sono piccole opere le sue fitte di simboli e significati: ogni dettaglio è denso, evocativo, allusivo ad un’esperienza, un’idea, una riflessione che conduce lontano dal punto di partenza attraverso innumerevoli percorsi – uno o più per ogni osservatore. Ogni lavoro è un dialogo intimo e segreto tra l’artista e l’ascoltatore, ad ognuno racconta una storia che è personale, solo sua, eppure condivisa, collettiva, universale.

Tempo, Memoria, Coscienza: Sonia si muove sul confine tra le umane connessioni e i territori sconosciuti dell’invisibile, ne esplora le forme attraverso uno sguardo che definirei dell’alba, quando cioé la luce ancora incerta svela il mondo un particolare alla volta, restituendone lentamente i contorni in una continua scoperta che si rinnova, sempre diversa eppure sempre uguale a sé stessa, giorno dopo giorno. A questo risponde e corrisponde l’ascolto del tramonto, quell’ora in cui le ombre intorno si allungano e si addensano e orfani della luce esteriore, complice il silenzio della notte che si avvicina, liberati dalla menzogna e nutriti di una nuova consapevolezza, ci si ritrova e riconosce nel riflesso dello specchio interiore.

Essere parte del mare, in progress, ricamo a mano, filo di cotone biologico su strofinaccio di lino, 64x61cm, 2020

Io: Intanto: Sonia Piscicelli o IZN? E chi è l’una, chi l’altra?

IZN: Mio padre apparteneva a una famiglia benestante di antica nobiltà napoletana, mia madre era di più umili origini. Porto il cognome di mio padre perché io e i miei fratelli siamo stati riconosciuti, ma non abbiamo mai vissuto tutti insieme come una famiglia tradizionale; forse è per questo che non mi sono mai sentita rappresentata dal mio nome e cognome. Questo senso di non appartenenza a un gruppo o una classe sociale precisa, unito a un’altalena continua di benessere e difficoltà, tanto economica quanto emotiva, mi ha fatto crescere senza punti di riferimento.

Quando nel 1994 ho lavorato sulla mia tesi allo IED (istituto Europeo di Design) di Roma, che trattava delle nuove frontiere digitali che si stavano affacciando in quel momento e della cultura cyberpunk, intitolandola “Interzona, analisi di un nuovo modo di organizzazione del sapere e degli scambi intellettuali”, mi sono riconosciuta pienamente nel termine “interzona”, ispirato al film di Burroughs “il pasto nudo”, che ho inteso come una zona franca non soggetta alle regole del mondo comune, dove ogni cosa potesse accadere, e ho cominciato a firmarmi izn, che è la contrazione di questo termine. Ho poi chiamato interzona il mio studio grafico, e ho firmato come izn, cioè interzona, tutto ciò che ho fatto in seguito, non solo nel campo dell’arte.

Quindi sicuramente izn, che esprime ciò che sento di essere realmente, non ciò che altri vorrebbero o avrebbero voluto che fossi.

: I miei sogni sono come la vostra veglia
ricamo a mano, filo di cotone biologico su garza di cotone cucita su sparato di una camicia da smoking, provette di vetro, 11×15 cm, 2021

Io: Perché hai scelto proprio il ricamo come medium espressivo?

IZN: Negli anni ho dipinto a olio, lavorato con la ceramica e il fil di ferro, disegnato con tutti i media possibili, creato vari art e collage book, ho fatto montaggi fotografici, scritto racconti. Ognuna di queste pratiche mi ha insegnato qualcosa, ma nessuna di esse mi ha mai fatto sentire al centro della mia vita come quando ho tra le dita l’ago che passa nel tessuto e crea un disegno. Magari aver avuto una bisnonna e una nonna sarte mi ha in qualche modo resa geneticamente affine agli strumenti da cucito, e avrei dovuto capirlo nel 2005, quando per la prima volta all’inaugurazione di una galleria nella ex Berlino est, vidi l’opera di un’embroidery artist, e ne rimasi molto colpita.

Verso la fine del 2017 inciampai su alcune artiste del ricamo su Pinterest: Junko Oki, Rosie James (diversissime tra loro), Lisa Smirnova, che ha uno stile più “pieno” rispetto a quello sottile e trasparente che sento più vicino a me, furono le prime a ispirarmi.

Quel germe che covava in me venne fuori potentissimo; di punto in bianco abbandonai tutte le mie attività e da allora non faccio altro che ricamare, ogni singolo giorno, a tempo pieno; è stato come un colpo di fulmine, un po’ ritardato.

Di questa modalità espressiva adoro la possibilità di correggere ogni singolo punto, anche fino a tornare alla tabula rasa; la lentezza con la quale posso lavorare, che per una persona riflessiva come me è puro ossigeno. Il poter lavorare ovunque: ho ricamato in treno, al mare, in viaggio; la possibilità che mi dà di creare dei rituali che ruotano attorno al lavoro, come il fatto di lavare i ricami in progress, anche più volte, ed esporli poi al sole, al vento, all’energia vitale che circola all’esterno; il profumo di pepe che hanno i tessuti lavati senza prodotti sintetici; e soprattutto, aspetto che per me è estremamente importante, il poter creare qualcosa che sia completamente sostenibile, a impatto zero per l’ambiente.

Utilizzo solo tessuti naturali provenienti da vecchi corredi e fili di recupero, e rocchetti di legno con fili di cotone biologico tinti con colori organici. In una serie di opere che sto ampliando ultimamente, gli Arcipelaghi, sto usando ferro chelato per le piante o tè nero biologico per tingere il tessuto, che di partenza è sempre bianco. Per le scatole uso oggetti di recupero di ogni tipo, con preferenza verso materiali biodegradabili, precedenti all’arrivo della plastica, colla da calzolaio, coccoina, colori meno inquinanti possibile.

Naufragare
(particolare) ricamo a mano, filo di cotone biologico su ritaglio di lenzuolo di lino, colorato con ferro chelato, 45×52 cm, 2020

Io: La scatola è un elemento ricorrente nella tua pratica artistica. Cosa significa per te e cosa veicola nelle tue opere?

IZN: Dopo aver creato i primi ricami ho sentito il bisogno di dar loro un luogo privato, tranquillo, un grembo materno dove riposare. Le scatole sono l’elemento giocoso, bambinesco, dell’opera. Alcune vanno semplicemente aperte, altre sono rivestite di oggetti e spesso di altre scatoline, ognuna delle quali contiene altri indizi sul significato dell’opera. Si può dire che il ricamo sia il protagonista della storia, la scatola il racconto, l’esperienza, che offre nuovi punti di vista e spunti di riflessione che possono essere molto personali. Per quanto mi riguarda le due cose possono vivere insieme o separate, perché ognuna di esse ha un suo proprio linguaggio.

Io: Come comincia una tua opera?

IZN: I miei inizi sono sempre veicolati da uno stimolo visivo; un’illustrazione, una scultura, un’incisione, un dipinto, un ricamo, uno scatto fotografico, un film, cose realizzate da altri, ho bisogno degli altri per creare, sento una forte connessione con gli altri artisti, mi piace attingere a un’energia comune, che ha bisogno di fluire e non essere mai bloccata. Amo ispirarmi, ovviamente reinterpretando, e amo che ciò che faccio sia di ispirazione e venga reinterpretato. Credo che l’arte non dovrebbe conoscere paure o limiti.

Una volta finito il disegno a matita sul tessuto, ago e filo lo seguono o se ne discostano quasi come se io diventassi un mezzo inerte nelle mani dell’energia, che guida la mia mano come la scrittura automatica. Spesso il disegno cambia completamente e aggiungo o modifico particolari a matita o sfilo parte del ricamo. Il significato di ciò che ne deriva viene fuori durante, e a volte dopo, il lavoro. Quasi come se il ricamo mi mettesse di fronte ciò che non riuscivo a vedere.

Nessun uomo è un’isola, ogni uomo è un’isola
progress, ricamo a mano, filo di cotone vintage su ritaglio di camicia da notte di cotone, ritaglio di lenzuolo di lino colorato con ferro chelato, 30×30 cm, 2023

Io: Dal consumo consapevole al ricamo, il tempo – soprattutto il recupero di una lentezza che non appartiene alla contemporaneità – sembra essere un elemento fondamentale della tua ricerca.  Mi racconti che rapporto hai con il tempo e come rientra tra i fattori che influenzano il tuo lavoro e la tua vita?

IZN: Sono nata a Napoli e ci ho vissuto i primi diciott’anni della mia esistenza; è lì che ho assorbito per osmosi la rassicurante lentezza che per me è un vero e proprio salvavita. Per un lungo periodo, iniziato quando ho vissuto in Alto Adige per qualche tempo, sono stata indotta a ripudiare questo mood, che ho recuperato con mio enorme giovamento dopo alcuni anni. Col senno di poi ho capito che rallentando è possibile affrontare qualunque ostacolo serenamente.

Questo influenza profondamente la mia vita, in primis perché trovo difficilmente riscontro nella società odierna e nelle persone, alle quali spesso faccio un effetto stremante, come un’abitante di un altro pianeta. E credo sia anche il motivo per cui il rapporto tra me e il dipingere a olio non ha mai funzionato. Il ricamo non solo si adatta ai miei ritmi e mi attende con pazienza, ma quasi mi chiede di lavorare rispettando il ritmo naturale del sorgere e del tramontare del sole.

Mi rendo conto di vivere in uno spazio tempo diverso rispetto a quello corrente, ma alla fine amo confrontarmi con ritmi anche veloci, lavoro bene sotto pressione e in gruppo. Sempre se però mi sento libera di tornare nel mio mondo lento quandunque ne senta il bisogno, cosa che può avvenire repentinamente.

Io: Cos’è la memoria, Sonia, e che ruolo ha nella tua ricerca?

IZN: Possiedo una fortissima memoria olfattiva, una buona memoria visiva e purtroppo una labile e selettiva memoria a lungo termine, che spesso rimuovo a blocchi.

Credo che la memoria sia quanto di più prezioso possediamo ai fini della nostra sopravvivenza ed evoluzione e che sia importantissimo, soprattutto in questo momento storico, difenderla a spada tratta e tramandarla ai nostri successori, sia per quanto riguarda le mere conoscenze come le cure naturali, la cucina tradizionale e le tradizioni in genere, che la memoria familiare e atavica, che proprio in questo momento della mia vita sto esplorando attraverso le costellazioni familiari. Spesso figli e nipoti non conoscono la storia dei propri genitori, nonni, bisnonni; lo trovo assurdo e pericoloso.

La memoria è anche uno dei motivi per cui ho scelto di trasferirmi in campagna, dove posso tra le altre cose frequentare quelle persone anziane che hanno mantenuto retaggi che adesso vengono considerate amenità, come l’influenza delle fasi lunari su tanti aspetti della vita quotidiana, la qualità dell’artigianato e la bellezza di aggiustare e recuperare invece di buttare e ricomprare, il peso della parola data, e l’importanza di valori come coerenza, coraggio, rispetto, che adesso paiono fuori moda.

Resistenza al male
progress, ricamo a mano, filo di cotone biologico su due strisce di ritaglio di federa di lino vintage, 56×2 cm, 2022

Io: Quale rapporto si instaura secondo te tra te e il fruitore attraverso le tue opere?

IZN: Ho questa idea che chi possieda uno dei miei ricami non debba necessariamente esporlo nella sua casa o altrove, ma possa scegliere se mostrarlo o tenerlo in uno scrigno dal quale tirarlo fuori in segreto, come un oggetto magico privato, ogni volta inaspettato, intriso di magia. Mi piacerebbe che i ricami andassero a persone comuni, per la propria gioia, o a collezionisti folli come il cappellaio matto, che li userebbe al bisogno per asciugare il tè caduto dalla tazza.

Inizialmente vedevo le mie opere come specchi, nei quali ognuno riflettesse se stesso, le sue proprie emozioni. Adesso invece le vedo più come racconti, o come delle bolle di energia, dei buchi spazio-temporali nei quali perdersi per qualche minuto, quando si ha bisogno di una conferma che la vita non è solo ciò che vediamo, e che è necessario non aver paura della paura, abbandonare il controllo, affidarsi al fluire dell’energia universale.

Io: L’opera o il corpus di opere che maggiormente sono parti di te? Quella da cui non ti separeresti mai?

IZN: Non ho mai avuto un senso di possesso per ciò che creo, anzi dopo qualche tempo sento il bisogno che le opere vadano nel mondo, le vedo un po’ come figli ai quali vanno donate ali e lasciati liberi. Dopo un po’ quasi dimentico ciò che ho fatto, salvo provare una grande gioia quando le rivedo, e quasi non le riconosco come mie.

Al momento mi è molto cara un’opera che parla di mia madre, diversa da tutte le altre perché è composta da 21 piccoli ricami raffiguranti dei pesci, sfuggenti, enigmatici e affascinanti come lei, contenuti ognuno in una provetta di vetro racchiusa da un tappo sormontato da vertebre di pesce colorate di nero. Tutto ciò poi ulteriormente racchiuso in una scatola rivestita di oggetti “parlanti”. É più contorta, complicata e personale rispetto alle altre, forse più spostata sull’assemblage art che sul ricamo. È un’opera che parla della lotta contro la malattia mentale e di quanto questa possa essere subdola e straniante.

Materna
assemblaggio; scatola di latta, spazzola, corteccia, legno portato dal mare, 2019

Io: Quanto sono compenetrate per te l’arte e la vita?

IZN: Totalmente, sono fuse insieme. Arte è vita e vita è arte, i problemi che ho nascono proprio dal mio non chiudere le due cose in compartimenti stagni; ad esempio come grafico sono sempre stata definita troppo “artistica”; nelle amicizie e negli affetti sono troppo diretta e coerente e trasparente.

Egotica
progress, ricamo a mano, filo di cotone biologico su strofinaccio di cotone, 88×85 cm, 2019

Io: L’arte è catartica?

IZN: Da che mi ricordi ho sempre avuto una forte tensione interiore che mi ha regalato una creatività inesauribile, inusitata, alla quale so che non potrò mai dare fondo nell’arco di una sola vita. Ma è molto difficile per me tradurre in un linguaggio comprensibile la tempesta di emozioni che mi arrivano come un groviglio indistricabile. e solo con l’arte mi pare di riuscire a sciogliere i nodi nei quali sono avviluppata. Fosse per me eleggerei l’arte a presidio medico universale.

Il re del mondo
in progress, ricamo a mano, filo di cotone biologico su ritaglio di sudario di lino, 43×46 cm, 2021

Io: Cosa c’è sulla linea del tuo orizzonte artistico – progetti, sogni, speranze?

IZN: Personalmente sto già facendo esattamente ciò che vorrei; il mio obiettivo pratico al momento è trovare un luogo molto luminoso, che in un mondo perfetto sarebbe una serra, dove lavorare e sistemare tutte le mie opere, i libri d’arte, gli oggetti per l’assemblage art, le scatole, i tessuti, i fili.

In senso più largo il mio sogno è che l’arte venga acquistata da persone qualsiasi, non per arredamento o investimento ma solo per la gioia di averla per sé. Covo pure la speranza che l’arte venga vista anche in Italia come un lavoro e non come un hobby. Quest’ultima distorsione è diffusissima e desolante, non solo per gli artisti ma per la cultura e l’aspetto sociale in genere.

Nel fosso
particolare, ricamo a mano, filo di cotone biologico su strofinaccio di cotone, colorato con ferro chelato, 66×30 cm, 2020

Chi è IZN

Izn nasce a Napoli nel 1968 e si forma come Art Director e Graphic Designer allo IED con una tesi sperimentale dal titolo Interzona – analisi di un nuovo modo di organizzazione del sapere e degli scambi intellettuali su cyberpunk, cd-rom, hackeraggio, realtà virtuale.

Lavora a Roma in varie agenzie prima di iniziare una carriera da freelance (come interzona) principalmente in ambito artistico nei settori del web design, della fotografia e della pittura, realizzando anche scenografie e alcuni progetti sperimentali e seguendo in particolare l’immagine grafica di una compagnia di hip-hop. Nel 2003 partecipa alla collettiva “Intruders” a Roma, ideata da Riccardo Znidarcic, presso gli spazi privati di un noto collezionista di autori storici, insieme a Lidia Bachis, Barbara Barbantini, Matteo Bosi e Marina Brasili, e alla collettiva “States of body and mind”, nella Galleria Perform Arte Contemporanea a La Spezia, curata da Enrico Formica, insieme a Luca D’Altri e a Monika Grycko. Nel 2006 partecipa alla collettiva “PopArty”, a Villa Palazzetti a Roma. Il suo percorso formativo include la pittura a olio, la modellazione ceramica e la tecnica Raku, il collage fotografico di grande formato, l’assemblage art e la creazione di collage art book, prima di approdare definitivamente all’embroidery art nel 2018. Nel 2023 una sua opera è inclusa nella mostra internazionale “Appunti su questo tempo” a CasermArcheologica di Sansepolcro.

*Foto di copertina: Chi nascerà pesciano, assemblaggio; scatola di cartone rivestita, provette di vetro tappi di sughero, vertebre di pesce, ciondolo di metallo, vasetto di vetro, cucchiaino di legno, pietra, rami di rosa, numero di tombola, chiave, filo di ferro, presa multipla elettrica, ritaglio di scatola di cartone, anno 2022

32° MINIARTEXTIL: DENUDARE FEMINAS VESTIS. Il bando è aperto

L’Associazione culturale ARTE&ARTE promuove una call for artists per la selezione di opere di piccole dimensioni – minitessili per la mostra d’arte tessile contemporanea, MINIARTEXTIL ’32 che sarà allestita nella Chiesa di San Pietro in Ario, a Como, da sabato 5 agosto 2023 e fino a domenica 3 settembre 2023, dal titolo DENUDARE FEMINAS VESTIS.

La call è aperta ad artisti, designer, docenti e studenti di discipline artistiche che propongano un’opera realizzata con tecniche e/o materiali tessili; scopo della mostra è infatti promuovere e divulgare l’arte tessile come mezzo espressivo dell’arte contemporanea, evidenziandone tecniche e metodi di realizzazione.

“L’arte di dipanare i bozzoli per tesserli fu escogitata da una donna dell’isola di Cos, Panfile, figlia di Platea, che non va defraudata della gloria di aver escogitato il modo di denudar le donne vestendole” (Plinio il Vecchio, N.H., XI, 26).
Prendendo spunto da queste parole di Plinio il Vecchio, estrapolate dalla sua opera più conosciuta “Naturalis Historia”, si è scelto un tema che diventerà linea guida della mostra Miniartextil 32: “DENUDARE FEMINAS VESTIS” (Denudare le donne vestendole), cioè vestiti che fanno passare la luce e lasciano quindi vedere ciò che è nascosto.

L’opera deve possedere le seguenti caratteristiche: opera originale, realizzata a mano o dove la tecnica è controllata dall’artista, eseguita con materiali o tecniche tessili; può essere bi o tridimensionale. Le dimensioni del lavoro devono categoricamente non superare i 20x20x20 centimetri. E’ vietato l’utilizzo di passe partout. L’opera non è da concepirsi appesa o sospesa a un supporto e non deve essere richiesto collegamento alla linea elettrica.

L’ammissione dell’opera alla mostra è subordinata alla selezione insindacabile operata da una Giuria direttamente nominata dall’Associazione culturale ARTE&ARTE e che oltre a selezionare i
54 pezzi che saranno esposti in mostra, conferirà anche l’annuale PREMIO NAZZARENA BORTOLASO.

MODALITA’ E TEMPI DI PARTECIPAZIONE

DATA DI PUBBLICAZIONE DELLA CALL 8 marzo 2023
DATA DI CHIUSURA DELLA CALL 30 aprile 2023
RIUNIONE DELLA GIURIA 30 maggio 2023
COMUNICAZIONE DELLE OPERE SELEZIONATE 5 giugno 2023
INVIO A COMO DELLE OPERE SELEZIONATE entro il 15 luglio 2023
OPENING MINIARTEXTIL 2023 A COMO 5 agosto 2023
FINISSAGE MINIARTEXTIL 2023 A COMO 3 settembre 2023

Per partecipare alla call è necessario inviare, entro e non oltre il prossimo 30 aprile 2023 via wetransfer, all’indirizzo contest@miniartextil.it:

INFO, REGOLAMENTO E MODULO DI ISCRIZIONE SCARICABILE QUI ITA/ENG:

La Fiber Art a Paratissima Talents, dal filo di lana alla seta

di Margaret Sgarra*

Anche quest’anno ritorna Paratissima Talents, la mostra collettiva che raccoglie le opere delle artiste e degli artisti selezionati dall’ultima edizione. Sono 15 i premiati della diciottesima edizione. Si tratta di un “best off” di Paratissima che si articola all’interno degli spazi della Cavallerizza, in Piazzetta Accademia Militare n. 3, nella città di Torino. Tra i diversi linguaggi e le tecniche utilizzate dai partecipanti, è evidente la presenza della Fiber Art e dell’Arte tessile. Sono numerose le installazioni e le opere che presentano materiali tessili, dai filo di lana alla seta. Vediamo nel dettaglio le artiste che hanno utilizzato le fibre nei loro lavori.

Sophia Ruffini – News Chips

Sophia Ruffini riflette sulle Fake News con particolare riferimento ai temi del distanziamento sociale e l’emergenza climatica con News Chips. L’idea di “cibo spazzatura” espressa dalle chips stesse trova un suo parallelo nell’idea di “fake news”. Le installazioni esposte sono delle riproduzioni dei pacchetti di una nota marca di patatine. All’interno delle realistiche confezioni, è possibile trovare delle commestibili chips (si tratta di ostie stampate e coloranti artificiali). Ogni chips riporta al di sopra una notizia riguardante il covid-19 e l’emergenza climatica. I gusti? Carbon dioxide flavored e Quarantine flavored.

Beatrice Speranza – Esercizi di volo

Beatrice Speranza mescola il linguaggio fotografico con quello tessile nell’installazione a parete Esercizi di volo. I soggetti sono degli scorci di cielo in bianco e nero nei quali è possibile individuare la presenza del filo di lana bianco o colorato. Ogni singola opera (l’installazione proposta è composta da quattro esemplari) riporta sul retro dei frammenti del romanzo “Il poeta dell’aria” di Chicca Gagliardo (2021). A seconda della direzione della luce, le singole parti possono sembrare tridimensionali e le nuvole qualcosa di facilmente raggiungibile.

Ilze Godlevskis – Identity links

Si tratta di una scultura tessile che si relaziona con un oggetto prelevato ordinario, una comune sedia. Le strisce cromatiche si susseguono nella costruzione dell’opera ed hanno un significato simbolico: rappresentano gli eventi della vita che hanno avuto un impatto sulla costruzione identitaria dell’artista. Le tinte utilizzate vogliono rappresentare alcune città di riferimento dell’autrice, come ad esempio Toronto, Milano e Londra. L’opera dà forma ad una sorta di groviglio tessile nel quale la successione cromatica suggerisce un senso di dinamicità visiva. I materiali utilizzati sono: alpaca, cashmere, cotone, seta, lurex lavorati a maglia tramite un macchinario semi industriale.

Christelle Lacombe – Fictions de lettres

Parole e immagini si alternano nelle opere di Christelle Lacombe. Si tratta di pseudo lettere nelle quali il foglio viene sostituito da un tessuto bianco sopra il quale vengono ricamati dei tratti grafici. Il ricamo viene realizzato in blu per ricreare un legame con i tratti tipici della penna. La macchina da cucire rappresenta per l’artista una macchina da scrivere con la quale dare voce all’inconscio: l’attività creativa viene svolta da Lacombe parallelamente a quella da psicanalista. Le sue lettere interrogano il fruitore sugli enigmi della scrittura e della mente.

Federica Balconi – Sediepiuma

Federica Balconi – Sediepiuma

La gommapiuma è l’elemento caratterizzante del lavoro di Federica Balconi. L’oggetto di riferimento è quello di una comune sedia che assume dei tratti umanoidi. Il colore blu dell’installazione si rapporta a quello della pavimentazione sulla quale la struttura poggia in maniera scomposta, come se fosse scivolata dallo spazio per lei predisposto. Emerge così un paradosso: un oggetto che rappresenta la stabilità mette in scena un senso di precarietà.

Giorgia Pastorelli – Make it better

Make it better è il titolo della serie di lavori di Giorgia Pastorelli. Si tratta di 21 opere fotografiche sulla quale l’artista è intervenuta con ago e filo colorato. Il ricamo consente di rileggere la quotidianità (rappresentata dall’immagine in bianco e nero) in modo positivo e costruttivo. Nella sequenza in mostra sono presenti vari soggetti, tra i quali troviamo: la riproduzione della Venere di Botticelli, piante di fichi d’india, tubi metallici e un orologio all’interno di una stazione.

Karen Fabbro – Campanello

Karen Fabbro – Campanello

Nelle serie di opere proposte da Karen Fabbro ritroviamo ancora una volta il materiale tessile. L’opera, dal titolo Campanello, consiste in un tappeto color grigio che riporta al di sopra la scritta bianca Benvenuti nell’illusione. L’oggetto, solitamente posizionato sopra la pavimentazione, viene appeso e incorniciato. La scritta invita il fruitore a farsi delle domande su ciò che ci circonda e a distinguere il vero dal falso. Il tappeto stesso viene esposto al contrario proprio per sottolineare il rapporto tra verità e inganno nella nostra contemporaneità.

La mostra, inaugurata il 10 marzo 2023, sarà visitabile fino al 16 aprile. Per informazioni su orari e modalità di accesso, consultare il sito ufficiale: https://www.paratissima.it/

*Margaret Sgarra è curatrice di arte contemporanea e storica dell’arte, ha conseguito il Diploma di I livello in Didattica dell’arte presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, successivamente ha perfezionato i suoi studi con una Laurea Magistrale in Storia dell’arte rilasciata dall’Università degli Studi di Torino e una Laurea Magistrale in Arti visive conseguita presso l’Università di Bologna. Attualmente è coinvolta, in qualità di curatrice e di critica d’arte, nella realizzazione di diversi progetti espositivi. Collabora come redattrice per riviste e blog dedicati all’arte contemporanea.

Viviane Fontaine International Paper Triennale

Il 25 settembre 1993 si apriva a Gruyère la prima mostra di opere di carta. Trent’anni dopo, il Museo di Charmey è lieto di presentare l’undicesima edizione di questo stesso progetto, una mostra-concorso che continua ad aprire la nostra immaginazione e ad alimentare la nostra curiosità. In trent’anni il museo ha ospitato le opere di quasi 520 artisti provenienti da 40 paesi diversi. In occasione di questa particolare ricorrenza, il tema scelto è quello delle radici.

Un vasto tema che i 59 artisti espositori affrontano con ricchezza e audacia, sia nell’interpretazione che nelle tecniche applicate ai materiali. La carta infatti viene tagliata, incollata, riciclata, piegata, accartocciata, assemblata, lavorata, masticata, marmorizzata o addirittura tessuta. La mostra conduce il visitatore in un vero e proprio viaggio, dalla botanica alla scrittura in braille, passando per la genealogia, le piccole e grandi storie o addirittura la radice quadrata.

ELENA REDAELLI – Ph credit Elena Redaelli

Gli artisti e le artiste selezionati/e per l’edizione 2023 sono: (Germania) Petra Grupp, Hongyun He, Akiko Kehnen, Karsten Kelsch, Hermann Künert, Beate Laurien, Elke Muche, Lita Poliakova, Kirstin Rabe, Hans-Jürgen Simon, Helene Tschacher, Angelika Wolpert, Roderich Zupnickl; (Inghilterra) Kate Hipkiss; (Austria) Dorothea Rosenstock; (Belgio) Laurence Van Berchem; (Canada) Alexandre Bonton, Gabriele Fontana, Michel Gautier, Karen Trask; (Corea del Sud) Chanyoung Sophie Kim; (Finlandia) Minnamarina Tammi; (Francia) Arthur Baudouin, Cécile Bourdais, Henri Duffour, Thierry Faligot, Christian Gastaldi, Lola Greenwich, Elizabeth Lefranc, Sylvie Loudieres, Nobuko Murakami, Anna Normand, Michel Olivier, Isa Papasian, Florence Pinson-Ynden, Sandy Pouget, Ursi Schiegnitz, Anne-Karen Schutterle, Isabelle Senly, Jamel Zeddam; (Israele) Esther Domb Edelman; (Italia) Elisa Mearelli, Elena Redaelli, Anna Maria Scocozza; (Paesi Bassi) Eva Kipp; (Polonia) Maria Matyja-Rozpara; (Svizzera) Sílvia Araújo, Marie-Laure Beun, Michèle Dal Magro, Laurent Dominique Fontana, Silvia Maddonni, Marie-Claire Meier, Marie-Laure Miazza, Myriam Rais, Gerda Ritzmann, Caroline Sechehaye, Gaby Studer, Anne Vonlanthen; (Repubblica Ceca) Lucie Jestrabikova.

L’edizione 2023 della Viviane Fontaine International Paper Triennale sarà visitabile dall’11 marzo al 12 novembre al Museo Charmey (I Charrières 1). Info: tel +41 26 927 55 87 | e-mail info@musee-charmey.ch | https://www.musee-charmey.ch/

*immagine di copertina: (particolare) Dorothea Rosenstock, Déraciné, 2022, © Christa Engstler.

EPHYRA: il progetto di Sofia Masciotta in mostra da Amy-d Arte

Amy-d Arte Spazio a Milano presenta Ephyra, un progetto economArt di Sofia Masciotta alla sua prima mostra in Galleria. Arte che contamina la moda, confondendo, orientando e disorientando. Arte e moda sono legate da sempre dai codici di identità culturale socioeconomici e quella di Sofia Masciotta (Roma 1997), vincitrice del Fashion Award 2022 della Camera Nazionale della Moda Italiana, lo conferma. Il suo primo show, Ephyra, è strettamente legato alla contemporaneità e alla sperimentazione.

Amy-d Arte Spazio ha declinato questa pluralità di fattori in un progetto articolato in installazioni, fotografie, cartamodelli e accessori, sostenendo la ricerca dell’artista e allo stesso tempo assecondando la cifra ibrida che da tempo caratterizza l’orientamento interdisciplinare delle attività della galleria.

La sperimentazione su tulle di un materiale biodegradabile è stato il fil rouge della collaborazione con la galleria milanese che dal 2013 ha intrapreso una ricerca di smart material ovvero materiali di nuova generazione grazie alla collaborazione di Istituti come il Politecnico di Milano – Dipartimento Smart Material, dell’I.I.T. di Genova, UniSA di Salerno, Tor Vergata. Collaborazione quindi non casuale, ma elettiva e selettiva.

La giovane couturier esordisce con Ephyra Art Wear in cui tutti i capi si ispirano ai pattern delle meduse, ponendo le basi per un’estetica raffinata che enfatizza linee mobili, fluttuanti e liquide per celebrare il movimento del corpo e del pensiero. Il progetto fornisce risorse identitarie ed inizia a prendere forma dalle foto della fotografa Zena Holloway che con la magia dei suoi scatti rispecchia le forme leggiadre in connubio organico con i cnidari.

Passando dal concept all’abito, Masciotta materializza il sogno in micro-narrazioni, trasportando sul tulle il pattern a reticolo (a nido d’ape) con un risultato tridimensionale immersivo ed empatico che traghetta la creazione dell’opera animata in elemento scultoreo. “Un abito è un pensiero” ha detto nel 1937 Elsa Schiaparelli riferendosi al connubio con Salvador Dalì nella creazione iconica e famosa dell’Abito Aragosta.

Queste creazioni appartengono a un nuovo registro, un mix di scultura e di ampi volumi con rimandi potenti alla forma dell’acqua e all’elemento originario della nostra identità primigenia. Le nuove capsule collection Ephyra sono caratterizzate da un particolare effetto di profondità e dalle geometrie irregolari delle meduse reinterpretate in chiave contemporanea. Nasce così una serie particolarmente suggestiva: non è più il corpo in sé ma il corpo scolpito dalla continua trasformazione del movimento quello che gli abiti di Sofia Masciotta vogliono evidenziare, parallelamente a quello emergenziale del proliferare delle meduse come indicatori dei cambiamenti climatici. “Essendo esse stesse un indicatore biologico di inquinamento, sono le muse perfette come simbolo di rivolta e di nuova ed alternativa proposizione.”

La medusa – scrive Giulia Domeniconi nel testo critico – è l’animale più antico ancora vivente sulla Terra, quando il suo organismo corporeo muore, non cessa di esistere ma si trasforma, rigenerando i propri nutrienti all’interno del proprio ciclo di vita. È interessante notare come la ricerca di una giovanissima artista-stilista parta da qualcosa di primordiale e assolutamente lontano dal nostro quotidiano. Eppure, un concetto così nuovo come quello di “moda circolare” sembra la perfetta similitudine di un meccanismo naturale utilizzato da questi animali per sopravvivere in eterno. Ancora una volta la natura sa svelare preziosi segreti a chi sa ascoltarla.

Per rappresentare al meglio questo mondo acquatico, la sperimentazione biomaterica, ha portato alla realizzazione di una stampa su tulle, in cui la texture reticolare è realizzata grazie a una nuova e personale lavorazione di un composto che, con l’aggiunta di un pizzico di sapone e l’aiuto di una cannuccia, realizza questa stampa idrosolubile imprimendo una struttura che si è evoluta con l’aggiunta di colore e pigmenti in effetti più sfumati e fluidi. Per lo studio dei volumi la partenza sono state le meduse stesse; calcando con la carta da lucido sono state estrapolate delle balze irregolari e sfalsate che successivamente poi ricoperte di biomateria.

Per Masciotta l’abito deve completare il corpo, deve essere parte integrante di esso, un suo prolungamento: per questo motivo gli abiti sono stati realizzati con body nude, dove le balze sono state posizionate nel rispetto della forma del corpo e dei suoi movimenti. La biomateria inoltre rende il tessuto compatto e permettendogli di non sfilacciarsi con un effetto di taglio a vivo pari a quello del pizzo. Moda fluida e sostenibile, dunque, fatta di abiti realizzati come piccole opere d’arte, pezzi unici, per inventare nuove storie, dove la qualità prevale sulla quantità seriale della produzione.

L’interesse per il tulle nasce dall’approccio interdisciplinare della giovane designer, affascinata dalla sua leggerezza, trasparenza e fluidità. Le sue creazioni fluttuano tra il materiale e il surreale sprigionando energia.

T come tulle, il tessuto più romantico in assoluto con il suo formato a maglie esagonali simili a quelle dei nidi di api. Alla fine degli anni ’80 il fashion designer Benjamin Shine lo utilizzò per realizzare opere e installazioni per brand di alta moda; oggi il tulle ha smesso di essere solo poetico e romantico ed è diventato rock, sovversivo e propositivo.

Ephyra rappresenta inoltre una rinascita nel nome di una sostenibilità consapevole. Possiamo sicuramente riciclare i materiali, riducendo l’impatto ambientale ed essere comunque sostenibili per il Pianeta ma possiamo anche trovare il modo di produrre nuovi materiali che nel processo di produzione e smaltimento non abbiano alcun impatto, introducendo un sistema creativo all’avanguardia. La moda, come la scienza, sta rivoluzionando i materiali nel nome della sostenibilità, verso un sistema di economia circolare.

La specificità di Sofia Masciotta è di abbracciare la sostenibilità senza però dimenticare i materiali della tradizione seguendo un principio adottato, ad esempio, da siti archeologici come Pompei nell’installazione di pannelli solari invisibili rispettosi dell’estetica e della natura del luogo e realizzati come tipiche tegole di terracotta.

Miren Arzaluzz, direttrice del Palais Galliera di Parigi, afferma: “la moda è affascinante e certamente è arte. Si tratta dell’arte di pensare, di creare un progetto, ma è soprattutto una vibrante e potente industria, uno strumento potente per trasmettere la propria creatività, costruendo la propria identità. [….]”

EPHYRA la mostra di Sofia Masciotta inaugura lunedì 13 marzo 2023 alle ore 18 a Amy-d Arte Spazio, in via Lovanio 6 a Milano (info@amyd.it) e sarà visitabile fino al 3 aprile (ore 10-13 e 15-19, sabato e festivi su appuntamento).