Da quasi trent’anni Eva Basile è in Fondazione Lisio: un’autorità in fatto di tessuti. Ma non solo: studiosa e appassionata di tecniche tessili, è tra i fondatori del Coordinamento Tessitori, conduce workshop, laboratori, corsi. Scrive, tesse, crea opere di fiber art. Un’infaticabile globetrotter dei fili e dei tessuti che, tra un impegno e l’altro, sono riuscita ad intervistare.
Io: Quando e come è nato il tuo interesse per il mondo delle fibre tessili?
EB: Sono stata una bimba artigiana, per tenermi buona bastava darmi le matite, o un paio di forbici o qualcosa da fare. A quattro anni, quando fui mandata da mia nonna per via dell’alluvione, imparai i rudimenti dell’uncinetto. Credo che la passione dimostrata allora ha ispirato un regalo di Natale graditissimo: il telaio Clementoni, un pettine liccio da bambini che conservo ancora.
Quando finalmente ottenni di poter frequentare l’Istituto d’Arte fra le varie opzioni scelsi tessitura: fotografia sarebbe stata la mia prima scelta, ma era troppo frequentata e caotica.

Io: Da molti anni collabori con la Fondazione Lisio. Di cosa ti occupi e in cosa consiste il tuo lavoro?
EB: Sono arrivata alla Fondazione in veste di allieva, nel 1993. Dopo un anno se ne andò la persona che mi aveva insegnato – un francese di nome Thierry Favre – e mi venne chiesto di seguire un’artista tessile statunitense che voleva tessere del velluto. Conoscevo sia la tecnica del velluto che l’inglese e mi trovai ad essere la persona giusta al momento giusto!
Il mio maestro oltre ad insegnare era anche il tecnico ed uno dei tessitori, così mi trovai coinvolta anche in questioni che riguardavano la progettazione dei tessuti e la loro messa in opera.
Qualche anno dopo, in Fondazione, ho approfondito le tecniche storiche ed ho studiato l’analisi e catalogazione dei tessuti antichi, sotto la guida di Roberta Orsi Landini, una storica del tessuto di grande spessore.
Faccio molte cose disparate, dal seguire gli studenti a progettare, e a volte scrivo anche per la rivista pubblicata dalla Fondazione, Jacquard e per convegni a cui prendo parte. Il più recente è stato sui tessuti a tavolette del Museo Stibbert di Firenze.

Io: Quale aspetto del tuo lavoro ti gratifica o ti appassiona maggiormente e perché?
EB: Mi piace il fatto che posso spaziare, non potrei fare disegni al CAD per 40 ore la settimana, come fanno alcuni dei miei allievi o insegnare a ripetizione, sarebbe usurante e poco stimolante: mi piace cambiare.
Io: Sei tra i fondatori dell’associazione Coordinamento Tessitori. Mi racconti che cos’è, come è nata e quali sono le sue attività?
EB: Negli anni ‘80-’90 un gruppo di tessitori artigiani si collegarono tramite l’invio di lettere circolari, delle specie di notiziari ciclostilati. Una di loro era un’amica d’infanzia e compagna di scuola all’Istituto d’Arte. Mi mandò una delle loro lettere di collegamento e risposi. Qualche anno dopo decidemmo di darci una veste più istituzionale e così dalla fine del 2002 siamo un’associazione: potemmo raccogliere delle quote e pagare una tipografia per stampare un notiziario. Poi è arrivato un sito web e nel 2006 ho iniziato ad organizzare, assieme all’associazione, Feltrosa, il meeting dei feltrai.
Io: E poi c’è il tuo lavoro di artista. Quando hai iniziato a sperimentare le fibre come medium artistico?
EB: Ho iniziato verso la fine degli anni ‘90. In un viaggio in Polonia ero rimasta affascinata dell’uso di tecniche tessili, quali l’uncinetto, in opere d’arte visiva. Ho studiato arti visive al DAMS a Bologna, anche quello era il mio mondo. Ho semplicemente unito due interessi.

Lana, pittura acrilica, colla | Infeltrimento ad acqua, pittura
foto Daniel V. Kevorkian
Io: Quali sono le tecniche che prediligi?
EB: Ho provato varie tecniche ma quelle che conosco meglio sono il feltro e la tessitura operata: uso quelle. Ho deciso così per non essere troppo dispersiva. Ho fatto un po’ di macramé, intreccio a lacci, tessitura a tavolette, ma non ho il tempo per approfondire tutto, se voglio posso usarle, ma non in modo esclusivo.

Cotone, ferri da telaio, pietre votive africane | Tessitura con telaio a strascico dell’Africa Occidentale, assemblaggio
Io: Quali sono e come scegli i materiali che utilizzi per i tuoi lavori?
EB: Uso filati di diversa natura e consistenza per i progetti a telaio: i telai Jacquard della Fondazione Lisio, che ho usato in alcuni lavori, montano orditi in seta. In trama metto quello che di volta in volta mi serve per il progetto che ho in mente: ho usato filato metallico d’argento, ma anche acrilico o ciniglie di seta.
Io: Quali sono le tue fonti di ispirazione per la realizzazione di un’opera?
EB: A volte il tema deriva da un bando di concorso a cui decido di prender parte, quella che elaboro è la mia interpretazione. È accaduto in diverse occasioni: il tema proposto lo studio – a volte addirittura sui libri, ad esempio quando partecipai ad una mostra sulla mummia del Similaun – e piano piano arrivo alla forma che voglio dare al mio elaborato. Anni fa, dopo un viaggio studio in Ghana, usai per diverso tempo il telaio a strascico dell’Africa Occidentale, un telaio che permette di tessere strisce strette. Quelle strisce le unii a barre di ferro e cornici arrugginite per una piccola serie di lavori.
Un’altra serie riguarda i motivi decorativi classici, è un lavoro in divenire perché per realizzarlo ho bisogno di un telaio della Fondazione Lisio che spesso è impegnato.

Lana, filo metallico, garza di cotone | Infeltrimento ad acqua
foto Daniel V. Kevorkian
Io: Tra le tue molteplici attività, conduci anche workshop, seminari, laboratori. Che ruolo ha l’insegnamento per te?
EB: È un’attività gratificante e socializzante, mi è sempre piaciuto insegnare. Mi è capitato di insegnare a persone con problemi cognitivi o deficit motori, a ragazzi in difficoltà – ad esempio a San Patrignano, molti anni fa – come mi è capitato di tenere un corso alle restauratrici e a due funzionari dei Musei Vaticani. Insegno da anni tecnologia tessile all’Accademia di Moda Koefia, a Roma e tecniche Jacquard agli allievi delll’Accademia di Belle Arti di Firenze.
In parallelo mi diverto ad insegnare la tessitura base, quella del telaio a pettine-liccio. L’ho insegnata nei saloni dell’hobbistica, agli anziani ed a ragazzi nell’alternanza scuola-lavoro. Ad agosto sarò in Valcamonica a tenere un corso nella Scuola Estiva di Lavorazione della Lana. Sono sfide diverse, tutte interessanti.

Seta, lana, filo dorato in carta, nylon, telaio in legno da dipinti | Progettazione al CAD, tessitura manuale su telaio digitale, montaggio su telaio a mo’ di quadro
foto Daniel V. Kevorkian
Io: Da studiosa a fiber artist, sei sempre in un dinamico equilibrio tra passato e futuro: a quali progetti stai lavorando o a quali sogni stai dando forma?
EB: La recente crisi sanitaria mi ha fatto apprezzare il mondo digitale – che amo da sempre a dire il vero, il primo computer l’ho acquistato assieme a mio padre nel 1985 – da una parte e quello vegetale dall’altra: il potenziale vitale che si racchiude in una radice o un seme. Già qualche anno fa avevo realizzato un lavoro con una serie di potature di salice, mi piacerebbe approfondire il tema, ma tutte queste curiosità hanno un solo nemico, il tempo. Fortunatamente non ho bisogno di dormire più di 6-7 ore per ricaricare le batterie!

Chi è Eva Basile
“Sono nata a Firenze da genitori non fiorentini, o meglio, da una madre nord europea ed un padre di famiglia numerosa e cosmopolita. Ho voluto studiare prima decorazione del tessuto e poi arti visive contemporanee. Da piccolissima sono andata a danza – per avere modi più aggraziati, diceva mia madre preoccupata da una mia camminata piuttosto rozza – e, per compiacere mio padre, ho studiato pianoforte per lunghi anni, con scarsi risultati. Il suono che si perde e non si afferra mi piace, ma non ho un trasporto particolare ad essere io a produrlo.
Fare cose con le mani invece è sempre stata la massima gioia per me, il mio libro preferito era il volume ‘Come si fanno le cose’ dei Quindici, l’enciclopedia per bambini degli anni ‘70, ancora prima avevo giocato con il giornalino Miao, un altro portentoso contenitore di giochi creativi per l’infanzia.
Per iscrivermi all’Istituto d’Arte ho dovuto impormi, con grandi discussioni in famiglia: infondo erano stati loro a farmi amare l’arte e la manualità.
Il resto è venuto da sé. Avevo dato tutta me stessa a scuola e quindi già ai tempi della scuola un’insegnante mi propose ad un’azienda tessile; avevo meno di vent’anni quando ebbi il primo assegno per un lavoro di progettazione: pensai di essere la persona più fortunata al mondo, mi compensavano per fare cose che avrei fatto pagando!
Il mondo del lavoro ha i suoi momenti difficili, alti e bassi, noia ed incomprensioni, ma nell’insieme è stato così: sono stata compensata per quel che farei gratis, ma è bene che non si sappia troppo in giro…

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